"Turnabout. Il rischio di tornare" di Laurel Greer


Recensione a cura di Barbara

La serie del “Vino & Veritas” non riesce a deludermi in nessun modo. Ho letto tutti i libri a tema M/M e finora il gradino più alto del podio spettava al secondo uscito, quello scritto da Garrett Leigh… beh, quest’autrice è riuscita a spodestarlo senza possibilità di replica.

È una trama bellissima, dolce e delicata, ma anche tanto, tanto sensuale che ha monopolizzato la mia attenzione fin dalle prime righe. Ci sono due ragazzi, Carter e Auden che si sono amati durante tre anni del college, ma poi le loro strade si sono separate con non poca sofferenza. Carter è volato a Montreal in cerca di una carriera più soddisfacente e appagante, Auden è rimasto a Burlington come impiegato nella tipografia del padre di Carter, ma pur provandoci, nessuno dei due si è dimenticato dell’altro. Ho amato tantissimo il modo in cui l’autrice fa evolvere la storia tra loro, quel ritrovarsi, così uguale, ma così diverso, con la consapevolezza che quello che sta nascendo tra loro è un amore nuovo, più maturo. Non sono più i ragazzi di un tempo passato, sono due persone che si riscoprono e che si innamorano per la prima volta degli uomini che sono diventati oggi.

«Di che colore è l’inchiostro?» La mano di Auden si stringe sul mio fianco. Il suo respiro mi solletica il lato del collo. Non c’è inchiostro. «Verde,» rispondo. Non riesco a togliermi dalla testa quel lago illuminato dal sole. (Non voglio farlo. Mai.) La mia cravatta… Perché indosso qualcosa che deve limitare il mio flusso d’aria? Vorrei allentarla, ma Auden mi ha detto di tenere le mani sul ripiano, quindi le tengo su quel maledetto ripiano. «Senti qualcosa nella ventola?» chiede. Solo il fruscio, gli scatti e i fischi che fa normalmente. «Dovrei?» «Non c’è niente di insolito, ma più si conoscono i suoni e più si sa esattamente quando alimentare la carta.» Mi tocca la mano una volta. Due volte. Ancora. Lo fa seguendo qualche ricordo sensoriale così radicato in lui che probabilmente sogna con quel ritmo. Ancorato al suo tocco, sono io a sporgermi di tre centimetri. La mia spalla che tocca il suo petto. Il suo respiro, molto più di un solletico. Una carezza. «È un palpito,» mormora, in modo così burbero che le consonanti e le vocali si mescolano. Le sue dita sfiorano l’incavo sopra il colletto della mia camicia. Le mie ginocchia vacillano. «Un palpito.» Inclino la testa di lato, esponendo il collo. «Sì.» Piegando la testa, le sue labbra si posano sullo stesso punto sensibile. La mia testa gira più veloce della ventola. «Auden.» «Vedi? Conosci il ritmo.» Oh, Dio, in questo momento non conosco nulla. Mi raddrizzo e mi allontano goffamente da lui. Ho il fiato corto; la mia pelle è fatta solo di fili scoperti, uno accanto all’altro, che si spezzano e vanno in cortocircuito.


C’è un continuo sfiorarsi, all’inizio in modo casuale, poi sempre più consapevolmente, fino ad un bacio che ribalta tutte le carte in tavola. Sensuale dicevo, e anche questa parte è descritta in un crescendo di aspettativa ed eccitazione che poi sfocia in una passione dirompente e tenera. Carter e Auden sono perfetti insieme, in quell’anima gemella che non tutti abbiamo la fortuna di incontrare.

Ovviamente prima di arrivare all’happy ending c’è sempre il giusto angst, una montagna russa che tiene il lettore incollato alle pagine del libro. È una di quelle trame che io chiamo corali, perché sono presenti anche dei personaggi secondari, vedi la zia Bee, pittoresca e ficcanaso, ma che risulta fondamentale nello svolgimento della storia.

Il racconto è in prima persona dal doppio pov di entrambi ed è una cosa che apprezzo sempre in un libro, perché mi fa “ascoltare” il pensiero di tutti e due i protagonisti. Li ho amati davvero, con le loro ferite e le loro speranze, mi hanno coinvolto talmente tanto che quando ho visto la parola “Fine” mi sono sentita abbandonata e mi sono chiesta “e ora?”

Quindi, il mio consiglio è quello di non lasciarvelo scappare, è una coccola dolce ma con tanta chimica che vibra tra le pagine. Alla prossima!



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