"Asadullah" di Alessandro Goffi

 

Immancabile appuntamento mensile con la collana Frattali diretta da Maurizio Cometto. Stavolta nel mio Kindle è finito un romanzo breve con una cover veramente intrigante, un leone sta uscendo dalle pagine.

Un leone che porta con sé il mistero più grande, tanto da essere chiamato il “leone di Dio”.

Siamo dentro una tribù nomade della colonia spagnola del Sahara Occidentale dunque così lontano dal luogo in cui sento e sperimento la realtà che mi aspetto subito di sentirmi strana e fuori posto. Durante il Ramadan il piccolo Asadullah, il cui nome significa proprio “leone di Dio”, brama una storia.

Il Ramadan è il mese sacro del digiuno, un tempo da dedicare alla preghiera, alla meditazione. Un obbligo per i mussulmani. Un viaggio nel tempo in cui è possibile entrare in intimità con se stessi e dedicarsi alla cura di tutto ciò che va considerato sacro.

Così, Sufyan, il padre del leone di Dio, mentre aspetta il calare del sole che porta con se la possibilità di cenare, decide di accontentare la fame di suo figlio dandogli in pasto una storia, la storia del suo nome, dando vita a un mito che porta con sé un mistero incredibile.

Sul palcoscenico del mito, in un’atmosfera decisamente esotica, il lettore si troverà immerso dentro un’avventura senza tempo e spazio, che sconfina tra il fantastico e il weird, in quel genere indefinito legato al realismo magico a cui la collana Frattali sta dando ampio respiro.

Dell’autore posso dire che è marchigiano ed essendo io fermana di origine non posso che sentirmi orgogliosa della mia terra che trova nella breve distanza tra l’Appennino e l’Adriatico sempre il tempo di ispirare la scrittura e l’arte in ogni sua forma.

Chi mi segue nelle recensioni sa che adoro “leggere roba strana” e con Goffi l’aspettativa era piuttosto alta. Perché? Beh perché vista la sua giovinezza e allo stesso tempo la sua passione per i viaggi sia fisici che fantastici ero convinta che sarebbe riuscito a portarmi fuori dalla razionalità che da sempre mi accompagna. Così è stato.

“Il letto si chiama rosa, chi non dorme si riposa”. Me lo ripeteva spesso mia nonna. Quando il piccolo Asadullah raggiunge il padre in camera domandandogli perché era a letto senza dormire, questo cassetto della mia memoria si è aperto e ha fatto scivolare fuori un ricordo importante di un’età senza cellulari e senza internet, in cui anche il letto era luogo di incontro non solo coniugale, ma anche con la memoria di storie orali.

… non ti ho mai detto che cosa significa quel nome per noi. Non sai perché ti ho chiamato così. Ti va di ascoltare questa storia?

Chiamiamo subito in causa il concetto di identità legato al nome. Persino i nomi più (passatemi il termine da non intendersi in senso dispregiativo) banali, come Primo, Secondo, Terzo, Natale, Pasquale, apparentemente privi di significato profondo, legati all’ordine di nascita o alla festività del calendario, nascondono nel profondo dell’animo dei genitori il desiderio di dare al mondo una nuova vita che verrà chiamata a essere anche in parte in vece di chi l’ha messa al mondo.

Nel caso di Asadullah tuttavia il significato del nome nasconde un mondo in cui la magia ha libero accesso, in cui la ragione perde appigli e l’unico gancio a cui aggrapparsi rimane quello di una realtà conosciuta da me in maniera troppo superficiale e che entra con poche pagine a far parte con prepotenza del mio immaginario.

Un vento caldo che ricopre di sabbia una città, un nomade, un leone maschio adulto con una criniera nera come una notte all’inferno, zanne come coltelli, un re, una scritta sul fianco del maestoso animale.

Vi ho messi in guardia da un fuoco fiammeggiante

Ok basta mi fermo, non aggiungo nulla alla trama, perché si tratta di un racconto breve, si legge quasi come favola della buonanotte e ulteriori dettagli vanificherebbero la lettura finendo per rubarvi la meraviglia.

Aggiungo però che alcune letture hanno il potere straordinario di far toccare l’invisibile. Una conoscenza che avviene quando la razionalità cade addormentata e si lascia spazio alle parole di tramutarsi in immagini e gesti.

Torna a farmi visita anche l’eterno dilemma tra fede e ragione, segno che la lettura probabilmente sorpassa le intenzioni stesse dell’autore ed è capace di plasmarsi nella coscienza di ognuno scatenando riflessioni diverse e parlando linguaggi pentecostali sconosciuti.

Una scrittura matura, in grado di imprigionare, rapire e salvare. Consigliatissimo per chi ama uscire dagli schemi. Il tempo di un aperitivo, magari in attesa del tramonto sull’Adriatico o ovunque voi siate.



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