Review party: "L'enigma del cabalista" di Marcello Simoni
Un’indagine del templare Basilio Cacciaconti, un thriller diabolico. Queste sono le informazioni che ci dà la bellissima cover di questo romanzo.
Subito l’occhio va a cercare le accattivanti illustrazioni dell’autore che arricchiscono il romanzo del punto di vista di chi l’ha scritto. L’immagine arriva prima delle parole e le anticipa rendendo ancora più affascinante la lettura.
1307. Basilio Cacciaconti è un templare rinnegato. Figura molto in linea con questo periodo storico a cui Marcello Simoni dà vita, forma e dimensione. La vicenda si svolge interamente a Napoli, città della quale visiteremo molti luoghi meno famosi ma non per questo meno affascinanti.
Nella capitale partenopea Basilio si recherà per un’indagine molto particolare che ha per oggetto un antico talismano il maufé, anche detto caput mortuum, testa morta e l’uomo ebreo che ne era in possesso, un tale Malachia Vinelles, un mago cabalista.
Malachia è un maestro della goetia. Un creatore di demoni… la sua mente è un abisso dal quale scaturiscono mostri e deliri talmente potenti da far vacillare le coscienze degli uomini più saggi. Fede, ideali, speranze… nulla sopravvive agli abomini evocati da quel cabalista.
Cabala, letteralmente “tradizione”, “ricevimento” o “rendiconto”, è legata a varie esperienze esoteriche. Quella ebraica in particolare porta fuori dall’esperienza religiosa dalla quale nasce come espressione degli insegnamenti esoterici propri dell’ebraismo rabbinico.
«Le forme particolari di pensiero simbolico in cui l’assetto fondamentale della Cabala ha trovato la propria espressione, possono rappresentare poco o nulla per noi (sebbene ancor oggi non riusciamo a sfuggire, a volte, alla loro potente attrazione). Ma il tentativo di scoprire la vita che si cela sotto le forme esteriori della realtà e di render visibile quell’abisso in cui la natura simbolica di tutto ciò che esiste si rivela: tale tentativo è importante per noi oggi quanto lo era per gli antichi mistici. Fintanto che la natura e l’essere umano sono concepiti quali sue creazioni – e tale è la condizione indispensabile di una vita religiosa altamente sviluppata – la ricerca della vita nascosta dell’elemento trascendente in questa creazione formerà sempre una delle preoccupazioni più importanti della mente umana.»
Dal Gershom Scholem, Major Trends
Il romanzo ci porta dunque dritti dentro un mondo magico, mistico, occulto e proprio per questo fortemente suggestivo.
Malachia Vinelles è tenuto prigioniero, a causa della sua temuta sapienza ci viene detto, nelle segrete del convento di San Domenico, sede dell’inquisizione di Napoli, un gigante informe attorniato da una selva di ponteggi e impalcature.
La figlia Samira, occhi neri come braci incastonate in un volto che parla di terre lontane, è l’unico modo per arrivare a lui. Lei è l’unica, infatti che ha il permesso di fare visita al padre. Lei che deciderà di aiutare il nostro ex templare, alimentando un perché che durerà per tutto il romanzo, sempre lei che in cambio chiederà a Basilio di accettare una condizione molto particolare.
Molti sono i personaggi che entrano in scena nella storia, uno alla volta, arricchendola di personalità e movimentandola, tutti attratti dal misterioso cimelio e coinvolti negli intrighi della corte angioina.
Non manca la tensione intorno alla figura di un misterioso assassino, lo spettrale Grimuche, un sicario giunto dalla Provenza, personaggio imprevedibile e sempre in movimento nella scena del thriller. Intorno alla sua vera identità si gioca una buona fetta di mistero.
È dinamica, scenografica e fortemente suggestiva la scrittura di Simoni, oramai autore atteso da molti lettori e che difficilmente sbaglia un colpo. In questo caso mi permetto, da lettrice oramai affezionata ai suoi storici, ancora più originale del solito. Quasi che questa scrittura fosse stata un’avventura anche per l’autore stesso.
La conoscenza storica, la passione del periodo e la meticolosità nella ricerca si sposa benissimo con la fantasia e l’invenzione di cui questo thriller è ricco. Un velo di ironia sottile e intelligente addobba piacevolmente alcune scene.
E tuttavia la persona di cui state parlando ha il doppio difetto di essere femmina e giudea. Non mi fiderei di lei neppure se a garantire sulla sua onestà fosse l’arcangelo Gabriele.
Le descrizioni dei luoghi sono molto intense e scenografiche, studiate nei dettagli, curate e meticolose nella ricerca dei termini. I capitoli brevi, la divisione in cinque parti e i riferimenti precisi fanno divenire le pagine un luogo meraviglioso in cui perdersi e appartenere per un po’ a un’epoca che per troppo tempo è stata dipinta come oscura.
Un romanzo da leggere assolutamente sotto l’ombrellone e in ogni caso da portare in vacanza.
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