"L'amore è cieco! Cazzaniga no!" di Carmine D. Caputo

 

 Poche righe ed entro subito nel linguaggio divertente e leggero di Carmine Caputo. Poche righe e sto già sorridendo. Un altro romanzo che ha compiuto la sua magia.

Cazzinga, il nostro imprevedibile quanto simpatico protagonista, nonostante il suo “quasi” onesto lavoro con l’agenzia investigativa, non rinuncia, di tanto in tanto, a vestire i panni di un moderno Robin Hood un po’ attempato e a svaligiare le abitazioni di ricchi uomini d’affari.

Il furto è un brivido a cui non riusciva proprio a rinunciare, forte del ragionamento secondo cui rubare a un evasore è un po’ come riprendersi qualcosa che ci appartiene. Più che rubare, alleggeriva senza fare distinzione sul colore politico ci dice simpaticamente Caputo.

Adorabili le tracce musicali seminate lungo il testo a conferma che io e l’autore abbiamo gli stessi gusti in quanto a cantautori.

Durante una delle sue imprese in un casolare della Scola, borgo dal fascino medievale sull’Appennino bolognese, tuttavia, il nostro Cazzinga oltre a fare un buco nell’acqua viene a conoscenza di un altro piano che coinvolge invece un crimine che sta per compiersi.

Nella trama di questo giallo, che, come tutti i romanzi di Carmine che ho letto, non è mai solo un giallo, ci finisce dentro parecchia gente. Personaggi simpatici ed eccentrici per lo più. Ognuno con le proprie fissazioni e le inconfondibili caratteristiche.

Alcuni di questi personaggi li abbiamo già incontrati, ne rispolveriamo con nostalgia i tratti e ci faranno sorridere nella loro quotidianità. Altri sono nuovi e parlano un linguaggio tutto loro sopra un palco pieno zeppo di colpi di scena.

Il trentenne Ascanio Barbieri, burbero e asociale, professore di latino in un liceo cittadino non prestigioso ma dignitoso, si sposa. La sua domestica Shery lascia cadere tra loro un’importante riflessione:

La felicità è come l’orizzonte. Non lo raggiungiamo mai, ma rincorrerlo ci tiene in movimento

È una riflessione strana in effetti. Ci è stato sempre detto di inseguirla con tutti i mezzi questa benedetta felicità eppure a pensarci bene a raggiungerla sarebbe veramente un peccato. Sarebbe la fine del cammino, una vetta dalla quale si può solo scendere e non basta. Verrebbe anche a mancare il motivo che ci spinge al movimento, alla vita.

Meglio lasciarla dove sta la felicità. Ha ragione Shery, a volerla troppo si rischia di perdere la strada e di incappare in una sorte ingiusta e avversa, come spesso accade e come sta per accadere al nostro razionale professore.

Intanto Cazzinga si sente in colpa e non sa cosa fare. Lui sa cosa sta per accadere. È custode di un segreto insieme al lettore ed è quasi come se dovessero decidere insieme cosa fare. Il tesoro poi è qualcosa di originale e veramente prezioso.

Si può affrontare tutto con un po’ di buon senso e un cacciavite?

Non esattamente. Non in questo caso.

La costruzione della trama è tipica del giallo con le sue piccole tensioni e i suoi colpi di scena. Ciò che colpisce molto però nella scrittura di Caputo è la ricchezza di dettagli simpatici e non che non vanno ad appesantire la lettura ma la rendono quasi per incantesimo ancora più leggera.

Si legge in un pomeriggio. Un pomeriggio di quelli in cui si ha bisogno di ridere e di uscire da una settimana stressante e monotona di lavoro.

In mezzo all’ironia però Carmine nasconde anche tanta satira impegnata in cui è facile specchiarsi perché nonostante la necessaria caricatura rimane sempre un punto dolente che ciclicamente cattura il nostro interesse nella cronaca reale.

Una visione poetica e allo stesso tempo disincantata della vita è quella che ci restituisce dunque il nostro Cazzinga che ringrazio infinitamente per avermi prestato l’intelligenza del suo essere fuori dalle regole e la grazia del ladro gentiluomo.

Ad Ascanio bastava avere un libro in mano per dimenticare acari, polveri e unto.

Quanto mi somiglia questo protagonista! Buona lettura!

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