Hidden Corner - L'angolo Nascosto: L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafòn


Oggi è il primo mercoledì del mese, ciò vuol dire che il blog passa nelle mani di Giulia e la sua rubrica Hidden Corner - L'angolo Nascosto. Quale lettura ci propone? Uno dei libri che dovete leggere almeno una volta nella vita: L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafón.

Titolo: L'ombra del vento

Autore: Carlos Ruiz Zafón

Genere: Narrativa

Editore: Mondadori

Data di pubblicazione: 1a edizione italiana 2004


Sinossi

Una mattina del 1945 il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all'oblio. Qui Daniel entra in possesso del libro "maledetto" che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore e da tempo sepolti nell'anima oscura della città. Un romanzo in cui i bagliori di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.

Recensione

Prologo. Pagina 5.

Un giorno sentii dire a un cliente della libreria che poche cose impressionano un lettore quanto il primo libro capace di toccargli il cuore. L'eco di parole che crediamo dimenticate ci accompagna per tutta la vita ed erige nella nostra memoria un palazzo al quale - non importa quanti altri libri leggeremo, quante cose apprenderemo o dimenticheremo - prima o poi faremo ritorno.

Quando qualcuno riesce a guardarti dentro tanto chiaramente – come stesse scrivendo proprio a te e di te senza preoccuparsi se leggerai o meno – c’è poco da fare. Ancor meno da dire. Ti ritrovi davanti alla pagina, che paziente attende una opinione che si avvicini anche di un soffio all’aggettivo intelligente, e ti senti improvvisamente afasica. Deficit da produzione del linguaggio signora, si rassegni. Ho l’afasia boss, ho dimenticato come scriverla, questa recensione.
Poi metti su un buon pezzo e attingi al coraggio di scorta che tieni nascosto in un luogo chiamato incoscienza. Lo stesso coraggio che quel personaggio principale – che principale non è – Daniel Sempere si è trovato a dover assecondare. Perché, paradossalmente, vi è capitata la medesima sorte. A lui quella di innamorarsi del mistero di uno scrittore forse scomparso, forse morto, forse mai esistito perché dimenticato. A te quella di innamorarti dello scrittore che quel mistero lo ha scritto e seppellito in quel palazzo al quale la mente non può che tornare: il Cimitero dei Libri Dimenticati.
È lì, in un salvifico labirinto di cunicoli e serrature, che il padre conduce Daniel, un bambino di undici anni un mattino nel quale la paura di aver dimenticato il volto della madre lo sveglia all’alba.

«Su, Daniel, vestiti. Voglio mostrarti una cosa» disse.
«Adesso? Alle cinque del mattino?»
«Ci sono cose che si possono vedere solo al buio» rispose.

Un luogo al quale è affidato il compito di attendere e proteggere, in quale ordine non importa. Attendere che il tempo trascorra – inesorabile, che l’uomo trovi la strada - tortuosa, che il mondo sopravviva – all’oggi e nient’altro.
Proteggere la parola scritta dall’atavica capacità dell’uomo di recare danno a se stesso, l’anima di quanti si sono riversati tra le pagine, la memoria della civiltà. Proteggere l’attesa stessa. Di qualcuno che torni o arrivi e incontri un volume al quale votarsi. Per sempre.

E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito.

È lì, in un atto di totale affidamento, che Daniel si lascia scegliere da L'ombra del vento di Juliàn Carax, un nome sconosciuto alla quasi totalità di un mondo deturpato dalla bruttura della dittatura. Sconosciuto o dimenticato.
È lì che l’esistenza di un bambino si fa corsa, avventura, pericolo, maledizione, vita.
Una corsa lunga gli anni che servono a farsi uomo alla ricerca di uno scrittore, Carax, la cui storia sembra essere contenuta tutta in una fotografia e tre parole, la cui vita sembra finita in molte morti e nessun corpo.

«Io credo che Julián vivesse nel passato, prigioniero dei suoi ricordi. Julián viveva per se stesso e per i suoi libri, nelle storie dei suoi romanzi, come un recluso di lusso.»
«Sembra quasi che lo invidi.»
«Esistono carceri peggiori delle parole, Daniel.»

Un’avventura, vissuta con un compagno capace di quasi tutto: cambiare pelle, nome – l’ultimo scelto è Fermín Romero de Torres – lavoro, faccia e persino esistenza, trovare chiunque ovunque in qualunque modo, amare senza riserve – una donna, un bambino o suo padre -, morire e tornare. Eppure incapace dell’unica fuga possibile per una vita con troppe anime: dimenticare.
Un pericolo il cui volto, deturpato dal fuoco, appare nelle nebbie di Barcellona alla ricerca di qualunque volume di Carax sia sopravvissuto perché venga distrutto.

Una maledizione, quella dell’amore, che ruba quanto non si vede e non si vende, intralcia il passo, condanna. E salva.

In quel pomeriggio di afa e di pioviggine, Clara Barcelò mi rubò il cuore, il respiro e il sonno. Le sue mani, nella magica penombra di quella loggia, impressero sulla mia pelle il marchio di una maledizione che mi avrebbe perseguitato per anni.

E, alla fine di un tutto colmo di assenze e fantasmi,  segreti dissotterrati per essere sepolti nuovamente, tombe custodite dalla mano ferma del sangue, una vita. Quella di Daniel. Intera e incompleta, nel cui imperfetto accadere cadono le vite di tutti quanti hanno capito o imparato. Che salvare l’anima dall’oblio della memoria è un lavoro sotterraneo, logorante, per il quale la fallibilità dell’esistenza rappresenta un mostro da sconfiggere che sconfiggere non si può se non con l’esercizio della costanza. E della dedizione.
Che il ricordo dei baci non dati, dei figli non nati, delle parole non dette, delle vite non portate a termine è il medesimo dei libri non letti. O dimenticati.
È la memoria di quanto non è stato.
Magistrale nella scelta di tutto, soprattutto di quanto non è scritto, capace di portare il lettore attraverso le vie di Barcellona e le vite di personaggi il cui spessore sembra farsi corpo, L’ombra del vento si costruisce negli occhi, pagina dopo pagina, parola dopo parola, eco dopo eco.

Esistiamo fintanto che siamo ricordati.

Si costruisce nella memoria che non dimentica- non importa quanti altri libri leggeremo, quante cose apprenderemo o dimenticheremo -. Per molto tempo, tutto il tempo nel quale faremo ritorno a quella cattedrale.

A presto
Giulia.




Commenti

  1. Ciao ragazze ♥ Vi ho appena trovato... siete tantissime :) Un blog a 16 mani non mi era mai capitato sott'occhio... curiosissima di vedere la vostra gestione ora che sono iscritta!
    Per quanto riguarda L'ombra del vento concordo che si costruisce pagina dopo pagina: ho amato questo romanzo e l'alone di mistero che aleggia per tutta la storia

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