Adesso tocca a... Giulia: La lunga marcia di Richard Bachman (Stephen King)
Adesso tocca a... Giulia.
Succede che da gennaio abbiamo introdotto nella nostra routine questa rubrica, una spinta decisa per aiutarci ad uscire dalla nostra confort zone ma con la consapevolezza che chi ci conosce sa esattamente di cosa abbiamo bisogno in quel momento. È così che Stefania si è avvicinata ad una autrice che altrimenti non avrebbe mai letto, è così che Viola ha messo alla prova la sua emotività di ferro, è stato così per Elisa che ha sperimentato un genere a lei ostile ed è stato esattamente così anche per Giulia che spinta da Elisa ha intrapreso un viaggio lungo e tortuoso che ha messo a dura prova la sua mente.
Ecco la sua recensione per La lunga marcia di Richard Bachman, alias Stephen King.
Una recensione anomala, una recensione che nasce come un colloquio privato e intimo tra due persone, una recensione istintiva che merita di essere letta così com'è.
Titolo: La lunga marcia
Autore: Richard Bachman (Stephen King)
Editore: Sperling & Kupfer
Data di pubblicazione: 21 ottobre 2014
Sinossi
Dai confini con il Canada sino a Boston a piedi, senza soste. Una sfida mortale, con un regolamento implacabile, per cento volontari: un passo falso, una caduta, un malore¿ e si viene abbattuti. Ma chi riesce a tagliare il traguardo otterrà il Premio. Tra i partecipanti, fra cui spicca il sedicenne Garraty, si creano rapporti di sfida, di solidarietà e di lucida follia, lungo il terribile percorso scandito dagli incitamenti della folla assiepata ai margini della strada. Un incubo on the road che solo King poteva concepire.
Recensione
Il libro si chiama La lunga marcia.
Ho messo pezzo di un gruppo spagnolo, la cui poetica capacità di farsi capire mi commuove. Credo sia adeguata al lavoro svolto da King.
Esiste la possibilità che questa recensione sia viziata dal momento che sta dilatandosi in una eterna sospensione chiamata quarantena. Dalla ferocia con la quale questo momento riesce ad abbracciare un intero mondo - di anime e menti e corpi e altro che non so dire.
Esiste la possibilità che chi mi ha affidato questo libro affinché lo leggessi e lo consegnassi ai tuoi occhi mi conosca tanto e tanto poco insieme da avere l'incoscienza di credere che ce l'avrei comunque fatta. Comunque e nonostante.
Nonostante parli di una strada, di un centinaio di anime e menti e corpi che camminano dal punto A al punto B come quel tratto rappresentasse una intera esistenza e contemporaneamente una sua dolorosa sospensione.
Nonostante la disabilità del corpo, assai meno grave di quella della mente o dell'anima (in ordine inverso di presentazione e in ordine crescente di gravità), costringa Garranty a cacare nel mezzo di una strada davanti agli spettatori atroci e affamati del dolore altrui affinché spinga fuori dalla coscienza il dolore proprio. Affinché riempia il vuoto di una sospensione che non cammina ma logora. Costringa a bruciare gli occhi che cercano l'umanità ai lati della strada, a pregare imprecando, a ignorare il dolore di uno sparo e l'atroce sollievo di riuscire ancora a toccarsi l'un l'altro perché lo sparo era per qualcun altro.
Cento anime che marciano senza potersi fermare pena la morte. Nessuna virgola perché non esiste pausa. Come a dire che quel lento adagio per il quale lo spettacolo deve continuare diventa talmente irreale da permetterti di riconoscerti dentro le pagine. Dal punto A, la partenza, al punto B, il momento nel quale il 99esimo marciatore muore e tu vinci tutto quello che desideri per il resto della vita. E nel mezzo il nulla.
Non importa quanto poco decente possa apparire la mia considerazione ma credo - con una fermezza che riscopro con dolorosa sorpresa nel mezzo del quarantesimo giorno della nostra personale Lunga Marcia - che serva una bravura indecente per scrivere qualcosa dal punto A al punto B che sia chiuso - tutto - nella mente.
Indecente la capacità di tenere come unico faro - e farlo tenere anche a te che leggi e non vorresti leggere ma poi torni a leggere maledicendoti - l'agghiacciante funzionamento della psicologia della paura, della sopravvivenza e, in ultima analisi, della capacità, dimenticata nelle suole consumate e riscoperta nel sangue che cola dal naso mentre il compagno ti stringe la mano chiedendoti una bara di piombo affinché i topi non gli divorino l'anima, della capacità, dicevo, di essere umani.
"Sto per morire, Garraty"
"Va bene".
"Se vinci farai qualcosa per me? Non mi fido di chiederlo a un altro." Baker fece un ampio gesto come se sulla strada ci fossero ancora dozzine di Marciatori. Per un agghiacciante attimo Garranty si chiese se forse non ci fossero davvero gli spettri in marcia che solo Baker poteva vedere in punto di morte.
"Quello che vuoi"
"Foderata di piombo" disse Baker.
In uno scenario assolutamente disumano e disumanizzante King piazza la cosa più straniante di tutte: l'umanità intera chiusa in un pugno di personaggi. Come a dirci: eccovi servito il mondo intero e il suo velenoso funzionamento. Urliamo mors tua vita mea in faccia a chi altro non è che il nostro riflesso e quando lo abbiamo capito riusciamo a rimangiarci l'urlo con il silenzio dello sguardo e la potenza di un gesto.
Un pensiero mi ha accompagnato con una costanza inusuale durante tutta la lettura. Stava ficcato da qualche parte nel mio cervello impazzito durante una marcia forzatamente stagnante.
Vorrei davvero fosse mio, quel pensiero. Ma non è mio per un bel nulla. È di un tizio che si chiama Pessoa.
La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
La recensione sta tutta qui. Questo libro, la marcia da A a B, questo momento che si dilata. Sta tutto qui: una curva ed è finita. Perché dietro la curva lo sparo lo senti. Ma non lo vedi, quell'abitante del mondo. Morire è solo non essere visto.
Garranty si coprì la faccia con le mani, e dovette chinarsi per poter continuare a camminare. I singhiozzi lo dilaniavano infliggendogli un dolore ben al di là di qualsiasi cosa fosse stata capace di infliggergli la Marcia. Si augurò di non udire gli spari. Ma li sentì.
Esiste la possibilità che questa recensione non serva a recensire un bel nulla se non un momento dilaniante nel quale camminiamo stando fermi. Nel quale lo sparo è il numero giornaliero, la curva un grafico e l’essere visti è soltanto il non essere dimenticati. Nel quale la prossimità somiglia alla vergogna di cacare per strada davanti al pubblico ma non possiamo farne a meno. E chiediamo di scrivere a qualcuno. Che sei tu.
"Una figura indistinta si staccò dal gruppo, si trascinò fino al margine della strada davanti al mezzo di scorta e si tuffò fra gli alberi. Le carabine spararono. Garranty guardava apatico, pensando che anche l'orrore ha un limite. Anche di morte si fa indigestione".
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