Hidden Corner - L'angolo Nascosto: Il libro dei Baltimore di Joël Dicker


Proseguiamo il viaggio con Giulia nel mondo di Joël Dicker. Ecco la recensione per Il libro dei Baltimore edito La nave di Teseo.

Titolo: Il libro dei Baltimore

Autore: Joël Dicker

Genere: Thriller e suspense

Editore: La nave di Teseo

Data di pubblicazione: 2016

Prezzo: ebook 4,99 € / Copertina flessibile 6,00 €


Sinossi

Sino al giorno della Tragedia, c'erano due famiglie Goldman. I Goldman di Baltimore e i Goldman di Montclair. Di quest'ultimo ramo fa parte Marcus Goldman, il protagonista di La verità sul caso Harry Quebert. I Goldman di Montclair, New Jersey, sono una famiglia della classe media e abitano in un piccolo appartamento. I Goldman di Baltimore, invece, sono una famiglia ricca e vivono in una bellissima casa nel quartiere residenziale di Oak Park. A loro, alla loro prosperità, alla loro felicità, Marcus ha guardato con ammirazione sin da piccolo, quando lui e i suoi cugini, Hillel e Woody, amavano di uno stesso e intenso amore Alexandra. Otto anni dopo una misteriosa tragedia, Marcus decide di raccontare la storia della sua famiglia: torna con la memoria alla vita e al destino dei Goldman di Baltimore, alle vacanze in Florida e negli Hamptons, ai gloriosi anni di scuola. Ma c'è qualcosa, nella sua ricostruzione, che gli sfugge. Vede scorrere gli anni, scolorire la patina scintillante dei Baltimore, incrinarsi l'amicizia che sembrava eterna con Woody, Hillel e Alexandra. Fino al giorno della Tragedia. E da quel giorno Marcus è ossessionato da una domanda: cosa è veramente accaduto ai Goldman di Baltimore? Qual è il loro inconfessabile segreto?

Recensione

“Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull’effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All’incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l’ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un’emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito.” - La verità sul caso Harry Quebert

Succedeva così, con il precedente La verità sul caso Harry Quebert, che, una volta terminato, sentissi potente la morsa dell’abbandono. Era estate e quel libro lo avevo comprato per puro caso. Letto per uccidere la noia, finito in tre giorni, adorato e detestato allo stesso tempo. Troppo perfetto, troppo veloce. 
Anni dopo ho scoperto, affatto per caso, che quel Marcus, quel Dicker, erano tornati. 
È difficile – almeno lo è per me - spiegare il tremito che colpisce la mano e l’animo quando, aprendo la prima pagina di un volume, si ha la fastidiosa sensazione che l’aspettativa divori il buon senso. Una sorta di malvagia bramosia che avvelena il pensiero e spinge la lettura alla ricerca di qualcuno che sei certo di conoscere. Lo scrittore. Il personaggio. O entrambi. Ancora più difficile rimanere obiettiva nel cercarmi dentro una sintesi di quanto è e quanto avrei voluto che fosse. 
E quanto è realmente contenuto nel testo può riassumersi in due famiglie e un unico cognome. I Goldaman di Montclair, appartenenti a quella famigerata classe media fisicamente stipata dentro il confine di un piccolo appartamento come un orizzonte vicino in modo soffocante eppure capace di prendersi l’immenso spazio dell’umiltà dell’intelletto. I Goldman di Baltimore, belli, ricchi, famosi. E tragicamente tristi. Come a dire che, sul serio, quel tizio aveva ragione: Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.*

Due famiglie ma una sola storia.

Se trovate questo libro, leggetelo, per favore.
Vorrei che qualcuno conoscesse la storia dei Goldman di Baltimore.

Tre cugini e un amore. Marcus, Hillel e Woody. La Gang dei Goldman. E Alexandra.
Marcus Goldman, quello di Montclair, quello che avrebbe voluto essere di Baltimore e invece è diventato uno scrittore. Hillel e Woody, quelli di Baltimore, che avrebbero voluto essere tutto tranne che se stessi. E Alexandra, il perno attorno al quale tutto il dannato mondo Baltimore ruota, si costruisce e si distrugge.
Una sola storia che comincia nell’infanzia più sperata e più temibile, quella felice. E prosegue nell’adolescenza che si dimentica di avere una fine e ha fretta di correre verso qualcosa che potrebbe non arrivare o arrivare troppo presto. Una storia costruita attraverso l’ormai consueto intreccio di piani temporali, ai quali può sembrare difficile abituarsi ma irrinunciabile marchio d’autore. Tutto poggiato sulla forza dei ricordi, con i quali giocare al gioco dell’investigazione, tanto affascinante quanto pericoloso. Perché se nell’oggetto al quale non sappiamo rinunciare per una affezione della nostalgia siamo certi di trovare la nostra storia tangibile, nel ricordo della mente siamo certi di trovare tutto quanto siamo stati capaci di nascondere al mondo.

“I ricordi li abbiamo nella mente. Il resto è solo ciarpame.”

Due famiglie, tre cugini, un amore, una sola storia e una unica dannazione. 
La Tragedia. Della quale non è possibile svelare nulla – significherebbe togliere al testo la forza inaspettata delle ultime cento agognatissime pagine – se non che sarà capace di farsi perdonare tutto quanto è accaduto prima.

Mi aspettavo tante cose e nessuna, come sempre accade quando le aspettative irrealistiche complicano quelle famigerate “cose” che sono i pensieri. Un noir, un thriller, un giallo, un Dicker. Ho trovato tutto e il contrario di tutto. Una saga familiare giocata abilmente sul confine – spesso sottile – che marca il passato e il presente, un romanzo di formazione, una lenta corsa verso un centinaio di pagine finali nelle quali Dicker decide di essere Dicker. Una delle mie argomentazioni più ardite, ovvero che il problema della competizione non sta nel perdere ma nel vincere – perché se vinci devi saper reggere le conseguenze della vittoria che sono, a mio parere, assai peggiori di quelle del fallimento – trova la sua dimostrazione in questo volume. Uscito cinque anni dopo il volume di esordio di Dicker fa apparire la vittoria ottenuta con il suo predecessore una Tragedia. Perché replicarsi, lasciare che il lettore ti ritrovi nel tuo folgorante talento è una competizione che ingaggi solo con te stesso. E riuscire a vincere se stessi è tragicamente difficile. 

Perché scrivo? Perché i libri sono più forti della vita. Sono la più bella delle rivincite. Sono i testimoni dell’inviolabile muraglia della nostra mente, dell’inespugnabile fortezza della nostra memoria.

*Incipit di Anna Karenina - Lev Tolstoj

A presto, Giulia


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