"Più delle parole. More Than Words" di Mia Sheridan

 

In un mondo che ormai rende normale la violenza, fa specie vedere quanto possano ferire le parole. A volte lo fanno più di uno schiaffo. Non ce ne rendiamo conto, escono liberamente. Non ci si sofferma, è facile giudicare l'altro, usare un termine più o meno duro, senza pensare a come possiamo far sentire il destinatario di queste parole. Sono fermamente convinta che, in un libro tanto quanto nella realtà, ognuno di noi dovrebbe dosare ogni parola. Pensare prima di parlare. Metterci nei panni degli altri. Cat calling, body shaming, il sempre attuale bullismo, vi dice niente?

È su questo che Mia Sheridan si basa. Le parole feriscono. Lasciano strascichi. Sono ferite che non riescono a guarire come quelle fisiche: in quel caso il livido passa, ma il peso delle parole rimane sull'anima. Se per tutta la vita ti senti dire che sei inutile, come fai a fare finta di nulla? Come puoi pensare di non esserlo? Ma nessuno ci pensa, perché a volte si parla a sproposito. Sono le ferite più intime, perché condiziona una persona. Nel caso di questo libro, condiziona un personaggio che ha tanto da dire, da dare... Ma che continua a sentire nelle orecchie quelle parole pesanti, quegli insulti ai quali ormai crede più che al resto, nonostante siano passati anni. Nonostante i successi, i traguardi tagliati e i premi riscossi, Callen continua a non credere di meritare nulla di ciò. È più facile perdersi nei vizi, entrare in una spirale distruttiva e non lottare per dimostrare di meritare. Si sente un impostore, figuriamoci se merita Jessica. La sua Jessie.

La loro storia parte da lontano, da quando erano poco più che bambini. Il destino tira i fili della loro storia, facendoli incontrare quando hanno bisogno l'uno dell'altra. Se da bambina, Jessica amava inventare storie avventurose, da adulta cerca di tuffarsi nel passato, vestire i panni di altri. Le parole, questa volta, non sono per ferire, ma per conoscere. Traduce testi antichi e questo la porta sulle orme di Giovanna D'arco. Con la Francia in sottofondo, Jessica deve scoprire di più di Adélaïde, una ragazza che, vestita da soldato, accompagna Giovanna D'arco in battaglia. Le sue lettere non servono solo alla storia mondiale, ma aiuteranno i personaggi e il lettore con loro.

Se la ragazza di cui stavo traducendo gli scritti mi stava insegnando qualcosa, era che le nostre storie erano fugaci, raramente lasciate su carta per essere lette e imparate da altri, e spesso solo nei cuori di coloro che erano abbastanza coraggiosi da amare. Avevamo una possibilità, una vita e nulla più. Vivi con ardore e senza rimpianti.

Ecco, capite? Immaginate una ragazza ai tempi della guerra. Senza la certezza di un futuro, senza poter essere se stessa. Adélaïde sarà vissuta nel 1400, ma non è così diversa da noi, da Jessica e Callen. Ci preoccupiamo di quello che pensano gli altri, di come veniamo additati, di chi amiamo, cosa facciamo. Siamo perennemente sotto il giudizio di qualcuno e questo ci blocca. Blocca la vena creativa di Callen, ad esempio. Ma, se solo seguissimo le parole di Adélaïde, ci si aprirebbe un mondo nuovo. Un mondo di possibilità da cogliere, attimi da vivere a pieni polmoni. Amori da inseguire e tenere stretto. E parole da fare volare via come piume nel vento.

In quel momento ero solo il ragazzo che aveva conosciuto in quel vagone tanto tempo prima. Da allora mi ero nascosto dietro tante cose, mi ero perso nello stile di vita che avevo scelto, mi ero sentito come tutto fumo e niente arrosto per tanto, tanto tempo. Guardando Jessie di fronte a me, la bella donna che mi osservava con una tale onestà negli occhi, mi sentivo sopraffatto dalla possibilità, dalla speranza che vedesse il vero me e le piacesse ciò che vedeva.

Per quanto le fiabe ci hanno inculcato che arriverà il principe azzurro a salvarci, qui è il contrario. È la principessa che salva il principe. O meglio, che fa capire al principe che merita di essere felice, non permettendo alle parole di ancorarsi all'anima. Soprattutto se non sono piene d'amore. Dovremmo salvarci da soli, sapendo di meritare la felicità in ogni caso.

Lo lasciai lì a combattere la sua battaglia… oppure no. Perché ora lo capivo. Alcune battaglie si potevano combattere unicamente da soli.

Mia Sheridan ci ha abituato a storie potenti, a sentire quella stretta alla gola, le lacrime agli occhi. Con Jessica e Callen ha alzato ulteriormente l'asticella, mostrandoci un principe distrutto, spezzato, e una principessa caparbia. Ci mostra quanto l'amore possa guarire ferite invisibili agli occhi, quanto sia importante spezzarsi ancora un po' prima di incollare i pezzi.

Le parole non avevano più il potere di ferirmi. Erano state sostituite da parole veritiere e di incoraggiamento. Ma ora sapevo che la vita andava oltre le parole. La vita era risate, amore, fede e gioia. E, soprattutto, era la pace profonda che derivava dal viverla con ardore e senza rimpianti.

Viviamo con ardore e senza rimpianti. Non c'è messaggio migliore. Grazie Mia Sheridan per questo libro, Jessica e Callen avranno sempre un posto nel mio cuore.

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