"Grammamanti, immaginare futuri con le parole" di Vera Gheno
La parola al centro è a mio modo di vedere uno stile di vita. Una scelta più o meno consapevole che tutti facciamo dal momento in cui impariamo a parlare a quello in cui comprendiamo che le nostre parole hanno un peso e possono in potenza spostare diversi equilibri.
Le parole sono la nostra immagine, attraverso il loro uso possiamo migliorare la nostra vita e persino cambiare quella degli altri. Per questo motivo Vera Gheno ci invita a instaurare con loro una relazione affettiva forte. Una relazione intima e amorosa, unica e irripetibile.
Chi è dunque il grammamante?
È una figura un po’ a metà tra colui che si prende cura della parola, non dandola mai per scontata, studiandola nella sua evoluzione, controllando che non venga imprigionata e colui che la stimola a migliorarsi, ad allargare i propri orizzonti, a adattarsi alla società e all’uso che ogni persona ne fa, parlando, scrivendo, ma anche ascoltando.
Al grammamante si contrappone la losca figura del grammanazi, restio ad accettare i cambiamenti, violento nel controllo, fiscale, incapace di accettare la grande rivoluzione copernicana sempre in atto nel linguaggio.
Le parole non sono mai uguali a loro stesse ma in continuo movimento, verso mete di significati nascosti nell’uso, a volte anche nell’abuso o semplicemente nel naturale decorso.
Questo romanzo è un grande invito a lasciare che la lingua sia ciò che è destinata a essere, ossia un potentissimo strumento per conoscere sé stessi e attraverso questa conoscenza arrivare a comprendere meglio le dinamiche della società in cui viviamo.
È un libro essenziale in ognuna delle sue parti, in primis nella modalità in cui si approccia al lettore, con un entusiasmo che penetra e conquista e l’evidente voglia di arrivare alla platea dei lettori in maniera diretta, senza tanti artifizi.
Mi ha fatto ritornare alla giovinezza, ai miei studi di psicolinguistica, all’entusiasmo con cui mi sono approcciata agli stessi testi citati dall’autrice, alla passione di Andrzej Zuczkowski, di Paola Nicolini e dell’immenso Janos Sandor Petöfi che mi hanno guidata nel mondo accademico con le loro parole illuminanti, profonde e rispettose.
Attraverso le riflessioni dell’autrice possiamo ritornare ad apprezzare la comunicazione semplice, spirituale, perfettamente comprensibile anche dall’animo. La dimensione esplorata scavalca i confini conosciuti creando un terremoto dentro la semantica che frammenta le nostre certezze e ci proietta inevitabilmente verso il futuro.
Lontana dai sofismi e dalle strumentalizzazioni, la parola, per questa straordinaria autrice, diventa ricchezza di rete e di relazioni. Una risorsa a disposizione di tutti, distante dal potere della supremazia e vicina a quelle dinamiche di inclusione che da decenni occupano i tavoli della solidarietà.
La vitalità della parola va a toccare corde importanti, quelle legate all’identità, al riconoscimento, alla funzione mediatrice e all’importanza di guardare al futuro e anche qui Vera ci delizia di infinite possibilità.
Persino l’ignoranza acquista una sua funzione propedeutica alla meraviglia e all’incanto dal quale deriva un naturale e completo appagamento.
La chiave di tutto questo processo è da ricercare nell’umiltà dell’utilizzatore della parola che rinuncia a essere proprietario e si pone in un atteggiamento di empatia e accoglienza.
Abitare le parole del mondo è il nostro scopo principale dunque e farlo come dei grammamanti è l’auspicio che troviamo tra queste pagine alle quali sono riconoscente.
La nostra vita inizia con un atto linguistico, la nostra vita si conclude con un atto linguistico
Chiuso il romanzo è immediata la consapevolezza di non essere più quella che l’ha cominciato. È dunque un libro capace di trasformare la coscienza, uno di quelli che consiglierò a mani basse a tutti coloro che mi chiedono perché lascio gli errori grammaticali fuori dal giudizio sulle pagine dei miei ragazzi quando producono dei testi personali. Non è una mancanza di cura la mia, ma la consapevolezza che la parola per esprimersi ha bisogno di libertà e anche a volte di ignoranza.
L’erotismo e l’intimità con cui Vera Gheno ci porta dentro i suoi studi è un ulteriore incentivo a leggere e rileggere Grammamanti, cosa che non mancherò di fare.
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