"Tra le onde" di Namwali Serpell

 

Cassandra Williams aveva dodici anni quando suo fratello più piccolo è sparito davanti ai suoi occhi in una mattina come tante mentre erano in spiaggia a giocare. A nulla è valso il tentativo della sorella di salvarlo. La ragazza dopo aver perso i sensi si ritrova a parlare con uno sconosciuto che la soccorre, la riaccompagna a casa e poi sparisce.

Il piccolo Wayne aveva solo sette anni, il suo corpo non viene mai ritrovato e con la sua sparizione ha portato con sé anche la serenità della sua famiglia che rimane travolta dagli eventi senza soluzione. Il padre si allontana per poi crearsi una nuova vita. La madre rimane per lungo tempo fuori di sé dal dolore, lacerata dal senso di colpa, fino a trovare un rifugio e una sorta di consolazione nella fondazione di un’associazione (Vigil) a tutela delle persone scomparse che diventa anche il riconoscimento del suo permanente rifiuto della realtà.

Chi non riesce a trovare pace è proprio la giovane protagonista che si sente tradita dalla madre che sembra non riuscire a credere e tantomeno ad accettare la sua versione dei fatti e deve fare i conti con incubi a occhi aperti o peggio sogni in cui Wayne è ancora vivo per poi trovarsi al risveglio a scontrarsi con la cruda realtà della sua assenza.

Due anni dopo quel fratellino morto senza un corpo, senza un luogo in cui piangerlo rimane uno scoglio insuperabile al quale neanche la terapia riesce a dare una risposta esaustiva. Mentre i ricordi si fanno sempre più incerti e confusi.

Gli anni passano tuttavia Cassandra non smette di pensare a quel corpicino mai trovato che ha visto e vede continuamente scivolare davanti ai suoi occhi. Ma l’ingresso di un personaggio reale con lo stesso nome del fratellino scomparso porta la ragazza a guardare il proprio presente con altri occhi.

Namwali Serpell è un’autrice poco più che quarantenne, nata in Zambia e ora docente di inglese all’università di Harvard. Capelli, lacrime e zanzare, pubblicato da Fazi nel 2021, è il suo romanzo d’esordio. Viene considerata ad oggi una delle autrici più promettenti e innovative del panorama americano.

Il racconto straziante della tragedia vissuta da Cassandra è un continuo alternarsi di lunghi respiri e singhiozzi perché poche cose sono terrificanti come la morte di chi non ha vissuto il suo tempo. La descrizione del dolore inimmaginabile è profondamente cruda e dettagliata. I sentimenti che si rincorrono nelle fasi di shock sono sconvolgenti anche per chi legge, figuriamoci per chi scrive o peggio per chi ha vissuto un’esperienza simile.

Un romanzo con molte facce. Su tutte prevale il racconto in stile autobiografico e il thriller psicologico. Ma vi sono anche molti passaggi intimi e introspettivi che spaziano a livello inconscio e scatenano una raffica di domande interiori alle quali si fa difficoltà a rispondere.

Wayne è il protagonista assente di una storia che vive intrappolata nel passato. È in ogni luogo, come un’ossessione, un sogno che non sempre scompare al risveglio, una ricerca continua di fuga dalla realtà.

Molto mistery in alcuni passaggi della seconda parte in cui l’autrice è bravissima nell’introdurre delle situazioni veramente originali che stimolano il lettore e lo costringono a continuare a sfogliare senza sosta in cerca di un finale che profuma di miraggio.

Forte il legame con i grandi temi dell’identità violata, della memoria selettiva e dell’illusione. Più di tutto però viene affrontato il tema dell’accettazione di un lutto umanamente contronatura e viene fatto con un’analisi profonda di ogni singola lacrima, lamento, urlo, silenzio assordante perché laddove non arriveranno le parole, i pensieri terranno compagnia.

Il dolore sembra prendere vita e trasformarsi in una ricerca continua e ossessiva per diventare disperazione nell’immediato e costante angoscia per il resto della narrazione. È lui il vero protagonista. Il dolore e tutte le sensazioni che inevitabilmente lo seguono, come l’impotenza e il senso di vuoto perenne.

Un’autrice in grado di rendere le emozioni concrete ma anche di negare la pace all’animo del lettore che rimane senza risposte, solo con la sua immaginazione. Nel finale acquistano senso le parole con cui comincia il romanzo:

Non voglio dirti cos’è successo. Voglio dirti cosa ho provato



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