"La strega delle pietre" di Anna Rasche


 Libro ambientato nel XIV secolo con protagonista Ginevra da Genova: cresce con i genitori di umili origini ed è grazie all’incontro con Vermilia, una donna anziana conosciuta in città per curare malanni e malocchi ai genovesi di ogni ceto sociale, che la nostra protagonista si avvicina e matura col tempo le abilità di erbe medicinali, unguenti, infusi abbinati - qualvolta - con una pietra a potenziarne l’effetto. Vermilia insegna e Ginevra apprende come una spugna, col sogno un giorno di poter entrare in accademia e diventare medico. Sogno impensabile e improbabile per una donna di quell’epoca.

A Ginevra, gli avvertimenti di discrezione e di non offrire mai i propri servigi ma di rispondere solo se qualcuno chiede aiuto, le va stretta: la sua giovane mente non concepisce il resto della mentalità dei compaesani. Ed è in fase adolescenziale che viene mandata a Firenze in un convento dalla cugina di Vermilia, suor Agnesa per proseguire ciò che la prima insegnante ha iniziato ad impartirle. In un convento, per cercar di evitarle incontri con giovani del sesso opposto, per stare alla larga dalle distrazioni… ma Ginevra è Ginevra e, anche l’esser stata mandata lontano da Genova, non cambia il fatto che la sua testa ragiona diversamente dall’epoca in cui vive; così, mette a rischio se stessa e finisce con l’esser esiliata da Firenze per comportamenti eretici e per aver usato la “stregoneria”.

Otto anni dopo il suo esilio, riceve una missiva in cui la si supplica di far ritorno per aiutare la città: lei pensa che il richiamo sia dovuto alla peste, quando arriva invece scopre che l’inquisitore vuole il suo aiuto per recuperare le reliquie dei Santi rubate dalle varie chiese sparse per la città. Comincia così a girovagare per la città deserta, fino a che viene spinta a seguire l’istinto che la porta alla casa di una nobile famiglia e salva la vita a Lucia, una donna abbandonata dal marito sul letto di morte. Trova un tetto dove ripararsi per la notte, e pian piano trova un’amica che prova ad aiutarla ma le incasina le cose in buona fede... Chi c’è dietro le sparizioni delle reliquie e per quale motivo far sparire proprio quelle, in un momento in cui Firenze ha bisogno di ogni simbolo di fede per superare la peste?

Ammetto che la lettura è stata a tratti piacevole e scorrevole, in altri prolissa e tendente al tedioso: partiamo dalla parte positiva e poi passiamo a ciò che mi ha lasciata con un po’ di amaro in bocca.

Amo le pietre dure, i minerali e tutto ciò che concerne l’argomento: grazie al libro ho imparato alcuni usi che all’epoca si riteneva potenzialmente efficaci, apprezzando che l’autrice abbia anche romanzato le capacità che avrebbero potuto avere. Ginevra col tempo diventa un’ottima guaritrice, in più il suo dono naturale nel sentire “i fili” che legano tutto il mondo attorno, l’affidarsi all’istinto e a ciò che sente tramite una specifica pietra o no. Invidio la sua “manu fica” di corallo: se la indossassi io sarebbe perennemente incandescente. Ma questa è un’altra storia..

Ginevra è solo una ragazzina quando arriva a Firenze, è ingenua ma avanti di mentalità rispetto ai tempi, insomma additata in un epoca ma che sarebbe stata apprezzata e stimata ai giorni d’oggi. La lettura è scorrevole, ma per me perde di interesse quando l’autrice comincia a farle fare il percorso della città da una chiesa all’altra. Ovviamente, è soggettivo e può risultare interessante ad altri occhi: a me è sembrata come leggere una cartina o una mappa. I personaggi secondari sono divisi tra interessanti einfantili, Vermilia e suor Agnesa rientrano nel primo elenco, Lucia è la rappresentazione ideale della donna dell’epoca istruita solo al diventare moglie e donna che impartisce ordini alla servitù. Di lei ho apprezzato i tentativi di dar aiuto, ma la voglia di dirle di darsi una svegliata era sempre dietro l’angolo… e come crea casini a Ginevra, nessun altro mai. Direi promosso con la sufficienza.


Commenti

  1. Bella recensione grazie.Sarei contenta se tu ti iscrivessi al mio blog.OLga

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