"Testimonianza fatale" di Robert Bryndza
La nostra detective, un personaggio in costante evoluzione nato dalla geniale penna di Robert Bryndza, scoprirà quasi subito che la vittima stava facendo delle ricerche su un predatore sessuale che prendeva di mira giovani studentesse del sud di Londra, sorvegliandole nei loro dormitori. Studentesse che venivano aggredite nel cuore della notte.
Dall’appartamento della ragazza, al momento dell’omicidio, sono stati rubati gli appunti e le registrazioni di Vicky. Da questa scoperta la nostra detective deduce che il colpevole si sia sentito minacciato e abbia deciso di “chiudere la bocca” alla vittima.
Tuttavia una nuova morte, una giovane studentessa di medicina, rimette in discussione tutte le conclusioni a cui la Foster era giunta forse un po’ troppo velocemente.
Su Bryndza c’è da dire veramente poco, se siete giunti a questo punto della serie conoscete già la bravura dell’autore nel disegnare il carattere e nell’indagare l’animo dei personaggi a cui di volta in volta dà vita con la sua penna.
In questo romanzo in particolare si è sentito bene il sentimento di solitudine che coinvolge la protagonista, ispettrice, slovacca, con diversi anni di esperienza. La solitudine interiore trova lo specchio nella solitudine percepita nello spazio esterno.
L’ispettore capo Erika Foster si trovava nel salottino vuoto di una casa vittoriana che cadeva a pezzi. Fuori dalla finestra, incombeva una grigia e tetra sera d’ottobre. Le assi del pavimento erano marce in alcuni punti e la macchia gialla di umidità sul soffitto si estendeva a vista d’occhio sulla parete, lungo la carta da parati floreale scolorita. Una lampadina desolata penzolava sopra la sua testa, gettando con i suoi scarsi quaranta watt un bagliore tenue nella stanza.
La trama è piuttosto complessa da risultare quasi poco lineare, tuttavia la buona traduzione fornita da Newton aiuta la fluidità della lettura che si riempie continuamente di dettagli più o meno importanti.
Vi è sempre a fare da sfondo ai thriller di questo autore una neanche troppo velata denuncia sociale rivolta alla società londinese che non risparmia sul degrado e i disagi con particolare attenzione alla violenza diffusa tra i giovani.
Violenza troppo spesso invisibile e sempre più difficile da controllare e arginare da parte delle forze dell’ordine che vorrebbero avere un potere che a tutti gli effetti non hanno.
Il femminicidio, grande tema in questo romanzo, ci porta dritti dentro la tensione e fa da filo conduttore. Un filo a volte teso, altre molto ingarbugliato che l’autore gestisce equilibrando la tensione come in una simbolica bilancia.
Le violenze vengono descritte in maniera diretta e vanno a esorcizzare la paura stessa di subirle perché lasciano insieme alla tensione la sensazione indiretta di protezione che i buoni sceneggiatori riescono a ricreare.
I capitoli si bevono come sempre e i numerosi imprevisti rendono facile far crescere l’adrenalina e l’empatia per la nostra ispettrice che dovrà dimostrare calma e sangue freddo per gestire quella che diventa a tutti gli effetti una corsa contro il tempo.
Un assassino è pronto a uccidere ancora ed Erika dovrà impedirlo mentre fuori dal lavoro nuove prospettive avanzano, segnale che avremo ancora molto da leggere così come ci promette lo stesso autore alla fine del libro.
Grazie Robert!
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